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Flat Tax autonomi estesa fino a centomila euro

Flat
La flat tax, cioè quell’unica imposta che sostituisce imposte sui redditi, addizionali regionali e comunali e Irap, con aliquota del 15%, ridotta al 5% per i primi cinque anni, viene già di fatto applicata a quasi due milioni di lavoratori autonomi che usufruiscono del cosiddetto regime forfettario. Nel 2021, secondo i dati del Ministero dell’Economia e delle Finanze, i soggetti che hanno preferito questo regime a quello ordinario sono stati 239mila: l’11% in più rispetto all’anno precedente. Si tratta del 43,5% del totale delle nuove aperture.
 
Ma chi può accedere al regime forfettario? Finora la condizione necessaria è quella di avere un fatturato non superiore ai 65mila euro. Un limite che secondo Fratelli d’Italia costituisce un freno alla crescita delle attività dei lavoratori autonomi. Oltrepassare questa soglia, infatti, oggi non è conveniente dal punto di vista fiscale. La prima proposta, quindi, è quella di alzare questo massimale e portarlo a 100mila euro. In questo modo emergerebbero i redditi sommersi, si ridurrebbe la pressione fiscale e soprattutto si incentiverebbe la crescita di professionisti, artigiani, commercianti e lavoratori autonomi.7 La seconda proposta di Fratelli d’Italia per sostenere imprese e lavoratori è quella dell’introduzione di una flat tax incrementale. Si tratta di un’aliquota fissa del 15% che si applicherebbe sul maggior reddito prodotto rispetto al reddito annuale massimo dichiarato nei tre anni precedenti. Per fare un esempio concreto: se nel triennio 2019-2021 sono stati dichiarati redditi per 50mila, 52mila e 51mila euro e nel 2022 il reddito aumenta a 57mila, la flat tax si applicherebbe su un ammontare di 5mila euro, la cifra corrispondente all’incremento sul massimo livello di reddito dichiarato nel triennio precedente. Un meccanismo, questo, che consente di evitare distorsioni e abusi, ad esempio una riduzione mirata di reddito per beneficiare della misura l’anno successivo.
 
La flat tax al 15% si applicherebbe soltanto nell’anno in cui si verifica l’incremento reddituale. Se nell’anno successivo ci dovesse essere un ulteriore incremento rispetto al precedente, l’aliquota agevolata verrà applicata solo sul nuovo aumento di reddito registrato. Il risparmio per il contribuente sarebbe notevole, considerando che i redditi superiori a 50mila euro soggetti ad Irpef sono tassati con aliquota al 43% e che l’aliquota Ires sui redditi prodotti dalle società di capitali è del 24%.
 
Questo sistema premia chi lavora, chi si dà da fare, chi crede nella sua attività raccogliendone i frutti e chi crea ricchezza per il nostro Paese. È un vero e proprio “premio di produttività” destinato a tutti e senza ripercussioni sulle entrate dello Stato, che innescherebbe un circolo virtuoso di incentivo alla crescita e minore evasione.

FOCUS PER UN FISCO PIÙ EQUO

La nostra proposta è un patto fiscale per l’Italia. Non solo una riforma del sistema tributario, né solo un programma di semplificazione e riduzione della pressione fiscale che, nel nostro Paese, ha raggiunto livelli asfissianti. Proponiamo molto di più. La nostra ambizione è porre le fondamenta di un nuovo patto, che muova dall’insopprimibile presupposto del riequilibrio degli ormai deteriorati rapporti tra cittadini e Amministrazione finanziaria.

Ciò presuppone il superamento della retorica ingenerosa dell’Italia “Paese di peccatori ed evasori” e la costruzione di una relazione più equa tra contribuenti ed Erario, oggi sbilanciata, per molteplici ragioni, a favore di quest’ultimo. Tra le difficoltà maggiori per i cittadini c’è quella di districarsi in un labirinto normativo complesso e incerto; l’ambiguità di ruoli dell’Amministrazione finanziaria, allo stesso tempo controllore e interprete della disciplina fiscale; i limitati diritti esercitabili in sede di verifica fiscale; la previsione di sanzioni amministrative non proporzionate; la dilatazione eccessiva dei confini delle condotte penalmente rilevanti; l’immediata esecutività degli accertamenti erariali, che equivale alla presunzione di colpevolezza dei contribuenti, e una giustizia tributaria da riformare.

In questo contesto, il rapporto tra cittadini ed Erario, anziché ispirarsi a un criterio di fiducia finisce con il connotarsi per la reciproca diffidenza. Eppure, mettere i contribuenti nella condizione di onorare le proprie obbligazioni fa di loro i migliori partner del Fisco, perché ne accresce la capacità di generare ricchezza tassabile e, dunque, di alimentare il gettito da destinare ai bisogni dei cittadini.

Ecco, questa è la nostra idea: dar corso a un nuovo patto fiscale riequilibrando i rapporti tra cittadino e Stato.

Il Patto fiscale per l’Italia che proponiamo dovrà articolarsi in due fasi correlate fra loro: una contingente e transitoria, l’altra sistematica. La prima, da realizzare nei primi 100 giorni di governo, avrà l’obiettivo di risolvere le emergenze più evidenti, e fin qui trascurate, di famiglie, lavoratori e imprese, e di gettare le basi di una progressiva riforma organica del sistema tributario. Quest’ultima, che costituisce la seconda fase strutturale del Patto, dovrà riguardare tanto la revisione delle norme sostanziali, quanto i rapporti tra il Fisco

Nei primi mesi di Governo l’obiettivo è quello di porre rimedio alle emergenze più evidenti (e fin qui trascurate) di famiglie, lavoratori e imprese, nonché gettare le basi di una progressiva riforma organica del sistema tributario. Andranno quindi messi in campo una serie di interventi urgenti, volti a recuperare la perdita del potere di acquisto delle famiglie, a incentivare i consumi e l’occupazione, a creare nuova ricchezza per i lavoratori autonomi e le imprese, costruendo allo stesso tempo, con la tregua fiscale, i presupposti di una nuova stagione di rapporti Fisco-contribuenti, ispirata alla reciproca fiducia e collaborazione.

                PER LE FAMIGLIE E I CONSUMATORI

                1) potenziamento dell’assegno unico universale

                2) riduzione delle aliquote IVA su beni di prima necessità e sull’energia

                PER LE IMPRESE E I LAVORATORI

                3) riduzione del cuneo fiscale

                4) chi più assume meno paga, chi più investe meno paga

                5) introduzione della flat tax incrementale

                PER TUTTI

               6) tregua fiscale, approfondita in un apposito focus

Potenziamento dell’assegno unico familiare per le famiglie e riduzione dell’IVA sui beni di prima necessità

Tra le misure da applicare immediatamente c’è il potenziamento, responsabile ed equilibrato, dell’assegno unico universale per le famiglie. Oggi l’assegno unico e universale per i figli a carico, che dal 2022 ha sostituito le precedenti agevolazioni di sostegno alle famiglie e alla natalità (premio alla nascita, bonus bebè, etc.), prevede importi che vanno da un massimo di 175 euro mensili per ciascun figlio minorenne, in caso di ISEE inferiore a 15mila euro, a un minimo di 50 euro mensili, in caso di ISEE sopra i 40mila euro.

Provvedendo ad un adeguamento proporzionale per livello di ISEE, è necessario:  aumentare l’importo massimo dell’assegno attualmente previsto per nuclei familiari con ISEE fino a 15mila euro, portandolo a 300 euro al mese per il primo anno di ogni figlio e a 260 euro a partire dal secondo anno di vita sino al compimento della maggiore età, mantenendo tra i 18 e i 21 anni quanto previsto dall’attuale normativa; elevare a 80mila euro la soglia ISEE oltre la quale spetta l’importo minimo di 50 euro a figlio.

Va ripensato anche l’impiego dell’ISEE quale strumento di commisurazione delle stesse misure. Il potenziamento dell’assegno unico deve essere concepito nella prospettiva di una successiva transizione ad un sistema ispirato al quoziente familiare, quale regime di tassazione sensibile alle peculiarità dei nuclei familiari (specie quelli più numerosi).

Per sostenere famiglie e consumatori, e per sopperire alla perdita di potere d’acquisto causata dalla crisi economica e dalla fiammata inflazionistica, Fratelli d’Italia propone anche un’applicazione più ampia dell’aliquota IVA agevolata del 5 per cento sui beni di prima necessità. Tra l’altro, tenendo conto delle attuali esigenze economico-sociali, si dovrebbe prevedere l’applicazione dell’IVA al 5 per cento, ad esempio su:

                –  la cessione di beni per l’infanzia (come vestiario, alimenti, medicine, giocattoli, ecc.) per sostenere     le famiglie numerose e per favorire la natalità

                –  la fornitura di energia elettrica, acqua e gas, rendendo a regime ed estendendo l’applicazione                 dell’aliquota del 5 per cento, attualmente prevista solo in via transitoria, per arginare l’aumento dei      prezzi dei prodotti energetici

                –  tutte le prestazioni relative alla raccolta, al trattamento e al riciclaggio dei rifiuti solidi urbani, per        favorire tutte le operazioni tese ad una migliore vivibilità delle città

                –  la cessione di pannelli solari, impianti di riscaldamento e raffreddamento ad alta efficienza     energetica – per favorire il risparmio energetico.

 

Fratelli d’Italia intende avviare sin da subito e partendo dai redditi lordi fino a una certa soglia, la riduzione del cuneo fiscale nella sua componente contributiva, considerando anche principi ed equilibri generali del sistema fiscale, in modo da aumentare il potere d’acquisto dei lavoratori e ridurre il costo del lavoro a vantaggio delle imprese.

L’obiettivo è anche quello di favorire nuovi investimenti e assunzioni, anche in vista del superamento del Reddito di cittadinanza. Occorre prevedere, per i soggetti IRES, una riduzione fino a 9 punti percentuali dell’aliquota applicabile su una quota di utili proporzionata all’investimento in capitale, mentre per i soggetti IRPEF, il beneficio verrebbe determinato attraverso un meccanismo di maggiore deduzione. Inoltre, in attuazione del principio del “chi più assume meno paga”, va prevista, per le imprese che incrementano l’occupazione in azienda rispetto agli anni precedenti, una super deduzione del maggior costo del lavoro per i nuovi assunti (vale a dire una deduzione in misura maggiore al relativo costo), in misura anche più elevata in caso di assunzione di soggetti in precedenza non occupati da almeno dodici mesi, neomamme, over 60 e invalidi.

Ferma restando l’applicazione a regime della flat tax incrementale, è necessario avviare, sin da subito, per autonomi e piccoli imprenditori un meccanismo premiale consistente nella tassazione in misura proporzionale e ridotta (15%) del reddito incrementale rispetto al reddito più elevato dell’ultimo triennio.

Già durante la fase transitoria sopra descritta dovranno essere avviati, e progressivamente implementati, gli interventi finalizzati a una riforma complessiva, a tutti i livelli, del sistema fiscale, nel rispetto delle coperture finanziarie e dei vincoli di bilancio pubblico. Gli interventi dei primi mesi, quindi, andranno coordinati all’interno di una riforma organica del sistema, relativa alle regole impositive sostanziali e all’ordinamento tributario e ai rapporti tra contribuenti e amministrazione finanziaria.

Fratelli d’Italia propone l’introduzione, per le piccole imprese e i professionisti, di un concordato preventivo, una sorta di contratto stipulato tra contribuente e Amministrazione finanziaria, che, su proposta di quest’ultima, sulla base di banche dati e tenendo conto delle diverse categorie di contribuenti, consenta di accedere ad una predeterminazione del reddito (e, dunque, delle imposte dovute) all’inizio del periodo d’imposta e per un biennio. Chi aderirà a tale regime godrà di meccanismi di semplificazione, fermo restando l’obbligo, per tali soggetti, di presentare la dichiarazione dei redditi alle scadenze previste, solo a fini di monitoraggio. In ogni caso, eventuali maggiori redditi rispetto a quanto concordato con l’Amministrazione finanziaria, non sconteranno alcuna ulteriore imposizione.

Coloro che non si avvarranno di tale istituto potranno comunque applicare le regole ordinarie, con le modifiche sopra illustrate, inclusa la flat tax incrementale.

Fratelli d’Italia propone di introdurre incentivi fiscali per il rimpatrio delle attività produttive in Italia (il cosiddetto reshoring), tra questi: il super-ammortamento ai fini fiscali delle attività oggetto di rimpatrio, nonché agevolazioni correlate al costo del lavoro sostenuto nel nostro Paese. In questa prospettiva si favoriranno forme di collaborazione con l’Amministrazione finanziaria volte a offrire la massima certezza del diritto.

Nell’ottica di una semplificazione del sistema tributario e di un complessivo quadro di riforma, Fratelli d’Italia propone un graduale superamento dell’Imposta Regionale sulle Attività Produttive, a partire dalle strutture societarie meno strutturate, come le società personali. Per i micro-tributi (ad esempio, tassa su biliardino o flipper, tassa di laurea etc.), data anche l’esiguità del gettito, Fratelli d’Italia propone una razionalizzazione o, in taluni casi, l’eliminazione. Si tratta di “micro prelievi” (imposte, tasse, diritti) del valore di circa 100 milioni ma che, tra costi di gestione, contrasto all’evasione e spese amministrative, pesano sul bilancio statale per circa un miliardo.

È assolutamente necessario procedere a una semplificazione e razionalizzazione delle norme di determinazione delle basi imponibili per imprese e professionisti (ad esempio, i limiti di deducibilità delle auto aziendali, le spese di rappresentanza, spese per la telefonia, etc.) e degli adempimenti per tutti i contribuenti.

Altrettanto vale per l’eliminazione del limite di impiego delle perdite pregresse, da accompagnare, anzi, con un meccanismo di utilizzo anche a ritroso delle perdite d’impresa (il cosiddetto carry back).  A ciò si aggiunga la necessità di rivedere le norme limitative della deduzione dalla base imponibile IRES degli interessi passivi, in linea con le deroghe previste al riguardo dalla normativa comunitaria (la Direttiva ATAD).   

Il miglioramento dei meccanismi di controllo quantitativo e qualitativo della spesa pubblica ha costituito uno dei ricorrenti obiettivi di politica economica del recente passato. Come è noto, per le amministrazioni centrali dello Stato la spending review è stata inserita all’interno del processo di bilancio, con l’assegnazione di obiettivi annuali di risparmio ai singoli ministeri. Il DEF 2022 ha stabilito che le amministrazioni centrali dello Stato dovranno assicurare i seguenti risparmi di spesa nel triennio 2023-2025: 800 milioni per il 2023; 1.200 milioni per il 2024; 1.500 milioni per il 2025. Si tratta di obiettivi raggiungibili. Pertanto, occorre potenziare il processo di revisione e valutazione della spesa all’interno della programmazione economico-finanziaria e del bilancio annuale e pluriennale, come già previsto dalla legislazione nazionale (art. 22-bis della legge 31 dicembre 2009, n. 196), rafforzando l’azione di revisione della spesa sia centrale che locale, ovviamente nel rispetto dell’autonomia delle amministrazioni territoriali.

Occorre, poi, portare a regime una significativa riduzione dei consumi intermedi, ovvero i “beni consumati quali input nel processo di produzione dei consumi finali della Pubblica Amministrazione”. Al fine di rendere strutturale la minore spesa, entro la primavera del 2023 andranno adottati provvedimenti regolamentari e amministrativi di razionalizzazione e revisione della spesa pubblica per consumi intermedi tali da assicurare, gradualmente, minori spese per 7 miliardi nel 2023, 8 miliardi nel 2024 e 10 miliardi a decorrere dal 2025. Per assicurare l’attuazione degli interventi, andrà potenziato il Nucleo Speciale Spesa Pubblica e Repressione Frodi Comunitarie della Guardia di finanza, attribuendo al Corpo più penetranti compiti di contrasto agli episodi di malversazione, oltre che di verifica dell’esecuzione delle norme in tema di riduzione della spesa pubblica e, d’altro lato, andrà favorita l’azione di controllo preventivo di legittimità degli atti amministrativi della Corte dei Conti.

Naturalmente, secondo Fratelli d’Italia, oltre che dalla citata revisione delle tax expenditures, le misure strutturali descritte finora dovranno anche derivare dal superamento del Reddito di cittadinanza, fatte salve le situazioni di reale indigenza, la cui valutazione/individuazione andrà rimessa ai competenti dipartimenti dei Comuni (soggetta a controlli della Guardia di Finanza).