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Turismo, la nostra crescita felice

Nessun’altra Nazione al mondo può vantare il patrimonio artistico, storico, culturale e naturalistico dell’Italia. Il nostro è indiscutibilmente il Paese più bello del pianeta. Fare un viaggio nella Patria di Dante è il sogno di tutti gli stranieri. Eppure l’Italia finora non è riuscita a valorizzare adeguatamente il settore turistico e della ricettività, sfruttando a pieno le sue vaste potenzialità.

Valorizzazione e promozione di un’offerta turistica diversificata. Dare vita ad una campagna innovativa per promuovere maggiormente la bellezza italiana nel mondo, sostenendo la presenza dell’Italia nei circuiti dei grandi eventi internazionali. Creare un coordinamento tra le promozioni regionali e la promozione dell’Italia all’estero. Tutela della nautica e delle imprese balneari: 8mila chilometri di litorale e 300mila addetti del settore sono un patrimonio che va difeso da ogni forma di ingiusto esproprio. Sostegno al turismo montano. Supporto alla digitalizzazione dell’intera filiera del settore turistico e della cultura. Stroncare il fenomeno dell’abusivismo ricettivo attraverso una regolamentazione chiara. Completare la riforma delle professioni turistiche. Aggiornare il Codice del turismo. Contrastare il degrado e abbattere le barriere architettoniche e sensoriali che limitano e dequalificano l’offerta turistica. Introduzione di un meccanismo premiale per le imprese turistiche che investono sull’accessibilità e sui servizi per le famiglie. Superare la stagionalità dell’impiego turistico attraverso la riduzione del costo del lavoro nei contratti più lunghi, al fine di garantire al lavoratore un reddito per tutto l’anno. Investire sulla sostenibilità e la digitalizzazione del comparto. Rifinanziamento del tax credit finalizzato alla riqualificazione e all’acquisto della struttura di cui si è affittuari. Sostegno alla filiera del turismo per il contrasto del caro bollette. Investire sui grandi eventi e allo stesso tempo promuovere capillarmente i piccoli eventi locali.

FOCUS TURISMO

Il turismo è uno dei settori più importanti al mondo, ed è un settore generativo anzi: rigenerativo. È l’unico settore, insieme alla cultura, capace di rivitalizzare  le risorse dei territori, offrendo loro nuove possibilità di utilizzo senza comprometterne le qualità. Anche per questo, è l’attività economica che offre maggiori sbocchi professionali, in particolare a donne e giovani, attraverso modalità di fruizione sostenibili e sempre nuove.

Le comunità locali sono ben consapevoli del ruolo strategico giocato dal loro patrimonio, dalla loro cultura e dalle loro risorse naturali. Questa consapevolezza le spinge a lavorare per migliorare l’offerta turistica. Si viene così a creare una sorta di catena virtuosa dove ognuno compartecipa in prima persona alla valorizzazione delle risorse disponibili. Un simile coinvolgimento è anche un grande strumento di confronto con i viaggiatori: l’incontro tra comunità accresce la cultura dei popoli, insegna loro che la diversità è ricchezza e l’omologazione è miseria. Il turismo è un’arma incredibile di progresso. La principale motivazione che spinge le persone a viaggiare risiede nelle peculiarità che ogni Paese esprime, diversità e unicità che sono frutto di un percorso storico millenario, che si è edificato e stratificato nel tempo. Non a caso, l’Italia è una delle mete più gettonate al mondo. Tutti la sognano, tutti la pensano come una grande, meravigliosa, meta turistica. Purtroppo però il nostro Paese non si è mai dotato di una vera politica del turismo, nonostante esso rappresenti oltre il 13% del Pil. L’Italia ha un diffuso patrimonio immobiliare storico di pregio, un patrimonio artistico e culturale, un patrimonio naturalistico, ma queste ricchezze sono state da sempre trascurate, sottoutilizzate e talvolta deturpate o distrutte. Non abbiamo mai destinato fondi sufficienti alla loro conservazione e valorizzazione e, in alcuni casi, abbiamo addirittura sottratto loro risorse per destinarle ad altri settori economici. Investire sul turismo dovrà essere la priorità, perché motore indispensabile per l’economia del Paese e potente corroborante del sentimento identitario nazionale.

Fino a qualche anno fa, come disposto dal titolo V della nostra Costituzione, il governo del turismo era totalmente affidato alle Regioni, che non sempre si sono rivelate all’altezza dell’incarico. A questo va aggiunta la mancanza di una cultura amministrativa di governance delle attività turistiche, della loro filiera trasversale  e, soprattutto, delle molteplici figure e competenze non ascrivibili alla contrattazione nazionale. Da sempre Fratelli d’Italia ritiene necessaria la revisione del Titolo V. La riforma costituzionale del Titolo V (legge costituzionale n. 3/2001) ha reso il turismo una materia di competenza “esclusiva” delle Regioni ordinarie, alla stregua di quanto già previsto per quelle a statuto speciale. Il turismo rientra quindi tra le materie “residuali” (art.117, comma 4), rispetto alle quali le Regioni non sono soggette ai limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi statali. Occorre tuttavia considerare che il processo che ha portato all’effettivo trasferimento di funzioni  non è stato né semplice né breve. La “storia” dell’intervento pubblico nel turismo è stata in gran parte scandita dal legislatore statale, che ha impresso un forte condizionamento sia ai modelli organizzativi, sia agli obiettivi e ai caratteri di tale intervento. Ciò per effetto della scelta, risalente al 1948, di inserire la materia “turismo ed industria alberghiera” nell’elencazione delle competenze legislative regionali, tutte soggette al rispetto dei principi fondamentali posti dal legislatore statale. FdI crede nella necessità di una revisione del titolo V per restituire allo Stato il ruolo di propulsore del settore. Il governo e la sua governance del turismo devono essere responsabili della promozione e valorizzazione delle specificità locali, definendo ruoli e responsabilità, anche in termini di governance, non solo tra Stato, Regioni e Province autonome, ma anche tra Province e Comuni rispetto alle attività di comunicazione e promozione delle destinazioni locali.

Occorre varare al più presto una legge attesa dal 2013: quella sulle professioni turistiche, per permettere l’accesso alla professione di guida turistica alle nuove generazioni. La legge dovrà regolamentare le diverse professionalità in ambito turistico, in modo da garantire la qualità di guide e accompagnatori, ma anche fissarne i diversi requisiti, caratteristiche e ruoli; al tempo stesso è necessario che la legge risponda alle esigenze del turismo contemporaneo, dando alle guide la preparazione e le competenze anche per offrire servizi attualmente offerti per lo più da persone non abilitate. Ci impegneremo a garantire la possibilità di estensione territoriale della professione, previa verifica delle conoscenze dei nuovi ambiti di esercizio.
Servono norme stringenti in merito al riconoscimento dell’abilitazione di guida, rilasciato negli ultimi anni senza controlli, e alla prestazione occasionale e temporanea, che viene largamente utilizzata per aggirare l’abilitazione.
Fondamentale il contrasto all’abusivismo, da attuare sia inserendo nella nuova legge norme chiare e un impianto sanzionatorio serio, sia con il coinvolgimento di squadre specializzate delle Forze dell’Ordine  che effettueranno controlli capillari e continui. Norme specifiche al passo con i tempi e attente ai risvolti fiscali sono necessarie anche per combattere l’illegalità diffusa sul web e sulle grandi piattaforme, dove i professionisti abilitati sono svantaggiati rispetto a soggetti che non pagano le tasse in Italia.
È necessario investire sui lavoratori del settore, in particolar modo dell’accoglienza; riconoscere le nuove professioni favorire e promuovere la formazione; sostenere con incentivi e bonus contratti di lavoro regolari e più lunghi, superando il problema della stagionalità del turismo, per garantire al lavoratore un reddito per tutto l’anno; e aumentare la durata della stagione, come in molti mercati nostri concorrenti. Maggiore stabilità dei lavoratori significa una migliore offerta turistica. Bisogna allungare i periodi di apertura con conseguente aumento del PIL e superare il problema del reperimento di personale. Il problema della mancanza di personale è deflagrato in questi ultimi anni. Nel periodo post Covid, infatti, le migliaia di lavoratori migrate verso altri settori e non sono rientrate nel mercato del lavoro stagionale tipico del turismo. A questo si deve aggiungere che in molti, soprattutto i più giovani, non rispondono neppure più alle offerte di lavoro delle imprese del settore, che hanno sempre minor appeal (soprattutto alberghi e ristoranti, ma scarseggiano anche i bagnini), preferendo in alcuni casi il reddito di cittadinanza ad un lavoro impegnativo, formativo, spesso affascinante ma non stabile. Di certo occorre intervenire sui salari, che in Italia non sono più al passo con il carovita. Alzare i salari è possibile solamente rendendo le aziende maggiormente competitive, eliminando la stagionalità e tagliando le troppe altre spese che debbono sostenere, diminuendo la tassazione sui salari stessi. Operatori formati e fidelizzati sono la ricchezza di ogni azienda e su questo è imperativo investire. Ma il turismo è legato anche a fattori imponderabili e allora c’è anche bisogno di lavoratori per periodi brevi, le troppe difficoltà di queste ultime stagioni, sia in montagna d’inverno, sia per il periodo estivo, stanno costringendo molte aziende a non fornire tutti i servizi che potrebbero attivare, impoverendo l’offerta turistica nazionale.

Un piano di rilancio nazionale del turismo, in assenza di disponibilità di cassa, dovrà necessariamente essere sostenuto da coraggiose politiche fiscali. Soprattutto dopo questi anni bui. A beneficiarne saranno anche altri comparti economici. Prima di tutto la Flat tax. Per almeno dieci anni tutte le attività di settore dovranno godere di una tassazione agevolata, sia in tema di Ires, Irpef, che di costo della manodopera. Inoltre, una drastica riduzione, se non addirittura l’azzeramento dell’Iva, consentirebbe agli operatori di recuperare competitività sul mercato internazionale, dove assisteremo nei prossimi anni ad una guerra di riposizionamento di Paesi competitors. Bisogna scongiurare con ogni mezzo il rischio che tasse e tributi versati da turisti e visitatori siano poi distratti anziché reinvestiti da Comuni e Regioni nel miglioramento dei propri servizi di accoglienza. È inoltre necessario rendere l’imposta di soggiorno una tassa di scopo, coinvolgendo direttamente i rappresentanti di categoria del comparto ricettivo nella gestione. Riconoscere come comuni turistici, autorizzati quindi ad applicare l’imposta di soggiorno, solamente quelli che si impegnino ad istituire il “tavolo comunale del turismo” nel quale si decide come utilizzare il gettito a fini turistici (servizi, promozione, eventi, infrastrutture) e al quale prendono parte Comune, assessore al Turismo e suoi dirigenti, e rappresentanti territoriali maggiormente rappresentativi del comparto. Nel settore turistico ci sono attività a bassissimo margine operativo. In particolare, le reti d’intermediazione delle Agenzie di Viaggi: per la loro attività di consulenza percepiscono commissioni che vanno dal 2 al 12%. Costrette oggi ad incassare, quasi esclusivamente, con carte di pagamento elettronico, si trovano a dover cedere all’intermediario finanziario anche tutto il loro guadagno. Si tratta di un socio occulto che, senza rischiare nulla, guadagna più dell’operatore economico, il quale ha invece le spese di gestione dell’attività a carico. Occorre dunque intervenire per risolvere questa anomalia, tanto nel settore dell’intermediazione turistica quanto in quello di altre attività economiche con margini di profitto bassi. Occorre affrontare il problema delle OTA (booking, AIRBNB) internazionali che non pagano i tributi in Italia. Non è questione di abusivismo, che pure è dilagante. Il tema delle case per affitti brevi è molto controverso, ma comunque va rintracciata una equità fiscale e tutti devono contribuire in misura proporzionale alla distribuzione di costi e benefici. Le imprese multinazionali digitali, devono pagare una parte dei contributi fiscali al netto dei ricavi che ottengono nel nostro Paese.

Le risorse del Pnrr destinate al turismo confermano quanto poco sia tenuto in considerazione il settore. Nonostante sia uno dei più colpiti dalla pandemia ed abbia un’incidenza indiscutibile su Pil e occupazione;ad esso sono assegnati appena 2.4 miliardi di euro. Una cifra assolutamente inadeguata, come confermato anche dalla mole di adesioni alla Tax credit, che al primo avviso ha collezionato richieste per 3 miliardi sui 600 a disposizione.

Quando si parla di media posti letto per unità ricettiva, si tiene conto di tutta la nostra offerta, comprendente sia le strutture ricettive alberghiere che extra alberghiere. Con questo metro di misura la nostra media è pari a 30 posti letto per unità ricettiva, ma se ci limitiamo alle sole strutture alberghiere la media sale a 66 posti letto, in linea con la media europea che è di 60 unità. Le strutture ricettive alberghiere in Italia sono oltre 33.000 con 2.200.000 posti letto. Le strutture extra alberghiere completano la nostra offerta turistica con ulteriori 2.500mila posti letto. Queste ultime, avendo vincoli legislativi per il numero di camere, non possono incrementare la capacità ricettiva generale. Abbiamo bisogno di incentivi per la loro riqualificazione e in tal senso e più volte sono state avanzate proposte al governo da parte di Regioni e organizzazioni di settore. In primis, occorre una detrazione fiscale per chi ristruttura o fa efficientamento energetico. La certificazione ambientale non deve essere solo un “bollino” ma deve aiutare le imprese ad identificare i costi, risparmiare le risorse, e controllare tutta la catena del processo, dai fornitori al consumatore finale. Bisogna inoltre agevolare l’ottenimento di finanziamenti, semplificare i processi amministrativi e fiscali che favoriscono la riconversione delle strutture in alberghi sostenibili certificati. Le leggi che hanno affrontato il problema negli ultimi anni, sia a livello nazionale che regionale,  hanno previsto una dotazione finanziaria del tutto inadeguata. L’esperienza delle detrazioni per la ristrutturazione delle abitazioni ha dimostrato che è possibile incentivare la riqualificazione, riducendo l’evasione fiscale e sostenendo il settore edile particolarmente colpito dalla crisi. Le minori entrate per le casse dello Stato sono state in parte compensate dal maggior gettito fiscale. Il problema non è semplificare le norme edilizie per cambiare la destinazione alle strutture ricettive e farle diventare residenze, ma riqualificare quelle esistenti: con i cambi di destinazione si perdono imprese e non si riqualifica. In seconda istanza, è necessario avere un credito finalizzato alla riqualificazione alberghiera ed all’acquisto della struttura di cui si è affittuari. Si tratta di costituire un vero e proprio prodotto finanziario per le imprese turistico-alberghiere che preveda una durata del mutuo compatibile con la redditività delle stesse (30 anni), assicurato dal Fondo centrale di garanzia. Ultimo importante elemento per la riqualificazione del settore alberghiero, è rappresentato dalla necessità di avere un’unica classificazione a livello nazionale, in modo da uniformare i parametri, dare certezze agli ospiti e  incentivare l’adeguamento delle strutture ricettive.

Se pensiamo agli obiettivi dell’Agenda 2030, il turismo è quel settore economico che più interpreta la sostenibilità ambientale, l’equità e l’inclusione sociale in ragione delle grandi ricadute che ha a tutti i livelli. Per questo, tutte le infrastrutture turistiche (alberghi e complementari, attrazioni turistiche, trasporti e infrastrutture legate alla mobilità) devono continuare a crescere, offrendo opportunità di lavoro e di formazione anche a chi si trova in condizione di disagio sociale. Vi è poi la questione relativa agli Aaut (appartamenti in affitto ad uso turistico), una nuova forma di ospitalità che in questi anni sta prendendo piede grazie al proliferare di piattaforme dedicate. Le locazioni brevi vanno salvaguardate, promuovendo l’ospitalità domestica, ma se non controllate finiscono col rivelarsi dannose.  Diventa quindi  fondamentale modificare il codice civile per regolamentarle in modo chiaro, tutti gli Aaut debbono avere un codice identificativo, anche a loro va applicata l’imposta di soggiorno, e devono fornire per la statistica gli arrivi e le presenze. Per contrastare seriamente l’abusivismo vanno coinvolti i Comuni, vere sentinelle del territorio.

Per programmare il domani e lavorare sui futuri scenari del turismo italiano  è fondamentale valorizzare l’Agenzia nazionale del turismo (Enit), affinché diventi il motore della nostra promozione turistica e del Made in Italy e non solo braccio operativo delle Regioni.

L’Enit sarà anche gestore del nascente Hub digitale del turismo finanziato dal Pnrr, occorrerà tuttavia verificarne in maniera costante risultati ed effettivo utilizzo da parte di operatori e turisti.
Per un Paese a forte vocazione turistica quale è l’Italia, il trasporto aereo riveste un ruolo nevralgico, perciò bisogna proseguire nella ristrutturazione del settore, danneggiato dal processo di liberalizzazione selvaggia, dotandoci di una vera e propria “compagnia di bandiera”, capace di esportare il nostro brand al livello globale. Ancora oggi l’assenza di una forte compagnia di bandiera incide sull’offerta di voli passeggeri e merci offerti dai nostri aeroporti. Il primo vettore nazionale è una low cost! Ad accrescere le criticità del sistema è anche il dualismo tra hub aeroportuali, come quello tra Roma e Milano. Altra annosa questione è quella della scelta del partner indispensabile a far crescere un’eventuale compagnia di bandiera, ad esempio AirFrance finirebbe col privilegiare l’hub parigino penalizzando di fatto i nostri scali. L’insieme di tutte queste difficoltà, incide negativamente sul pieno sviluppo turistico del Paese.

La qualità della nostra offerta turistica è fortemente condizionata dalla raggiungibilità della destinazione. Si dovrà prestare molta attenzione al potenziamento delle reti infrastrutturali al servizio della mobilità turistica, rafforzando i collegamenti tra i principali hub e la rete ferroviaria.

Sviluppare il trasporto sulla dorsale adriatica e nel Mezzogiorno aiutando anche i centri urbani “minori” e di montagna con adeguati collegamenti.

La montagna e i laghi continuano ad esercitare un fascino irresistibile e la loro attrattività può e deve andare oltre le polarità dell’estate e dell’inverno (destagionalizazzione).

Il successo turistico della montagna dipende dalla sua capacità di raggiungere la sostenibilità economica. Innovarsi, migliorarsi e digitalizzarsi, mantenendo intatta la propria unicità naturalistica e il proprio carattere autentico ed identitario, è indispensabile per produrre benefici occupazionali e generare un turismo che sostenga e arricchisca le comunità montane.

Questo consentirà di aumentare i flussi turistici in montagna e sui laghi, di assecondare i pacchetti active e outdoor, anche in previsione dell’importante appuntamento  internazionale con le Olimpiadi di Milano-Cortina 2026

I grandi eventi sono certamente dei validi catalizzatori turistici e non va quindi sottovalutata la possibilità di inserire il Paese in quei circuiti internazionali. Appuntamenti di simile rilievo hanno senso se lasciano ai residenti opere pubbliche e valore aggiunto. FdI si è impegnata in questi anni a renderli una opportunità per l’Italia, attraverso finanziamenti per infrastrutture rivelatesi assai utili ai cittadini. Tuttavia, la promozione dei nostri territori passa anche da mille piccoli eventi che non hanno eguali al mondo. Da noi hanno luogo manifestazioni uniche, di grande tradizione, che hanno tutte le caratteristiche per affascinare e richiamare nuovi flussi internazionali. Vanno valorizzate poiché accendono i riflettori su borghi e piccole realtà che altrimenti sarebbero dimenticate. Noi amiamo definirlo “turismo identitario”. In questo modo si ottengono tre importanti risultati: delocalizzazione, diversificazione, destagionalizzazione dell’offerta turistica, ma soprattutto coesione delle comunità. Relativamente ad una fascia di mercato consumer si potrebbe valutare l’idea di creare parchi a tema e parchi/intrattenimenti legati alle nostre tipicità culturali, geografiche, enogastronomiche che, pur soddisfacendo una richiesta di svago generalista, raccontino la storia delle nostre tradizioni. Significa dare vita ad un sistema capace di interpretare le esigenze di tutti, coinvolgendo le imprese in un’ottica di rete, creando quella catena del valore utile non solo all’evento in sé ma all’intera comunità. Solo con le reti di impresa il turismo in tutte le sue declinazioni può effettivamente decollare. 

Il turismo diventerà un settore vincente se l’Italia sarà pronta a scommettere su diversità e accessibilità. Un turismo accessibile è un turismo privo di barriere architettoniche, culturali e sensoriali nei luoghi pubblici e sulle strade. Turismo accessibile vuol dire anche presenza di mezzi di trasporto pubblico praticabili anche da persone con disabilità; presenza di aree di sosta dedicate anche alle donne in gravidanza o neomamme; strutture, locali igienici, attività commerciali privi di barriere architettoniche. È inoltre indispensabile che ci sia possibilità di accedere all’offerta culturale dei luoghi e ai servizi accessori (Bancomat, biglietterie automatiche, punti di informazione ecc…). Sono necessarie incentivazioni e sgravi fiscali per le aziende che migliorino la propria accessibilità, rendendole riconoscibili attraverso un segno distintivo che ne attesti la virtuosità. 

Il governo deve tutelare il patrimonio balneare, bene strategico del nostro Paese, rappresentativo della tradizione e dell’identità nazionali e che non può certo essere svenduto a multinazionali straniere. Anche le imprese familiari balneari sono strategiche, vanno mappate e salvaguardate. Senza di esse, il settore si espone alla speculazione delle grandi aziende straniere che guardano solo al profitto e non alla qualità dei servizi. Nasce da sé, l’esigenza di un intervento fermo per valorizzare il nostro turismo balneare che è unico al mondo. Queste sono anche le nostre radici e vanno tutelate. Le nostre spiagge e i relativi servizi sono per lo più gestiti da realtà a conduzione familiare: è una vera e propria forma di artigianato, espressione di un’eccellenza tutta italiana. È necessario salvaguardare le nostre coste attraverso un controllo rigido, che scoraggi la deturpazione delle spiagge e delle altre zone litoranee, o la cattiva gestione di porti turistici da parte di chi non ha a cuore l’immagine dell’Italia.

Tornare nel borgo natio dei nonni partiti in cerca di fortuna, per conoscere o riscoprire le proprie origini, ritrovare i paesaggi e i profumi dell’infanzia e vivere le tradizioni mai dimenticate o conosciute solo attraverso i racconti. Bisogna dare vita ad iniziative che stimolino milioni di italiani oggi all’estero, ed i loro discendenti, a riscoprire le proprie radici. Un fenomeno che apre a scenari interessanti per l’intero comparto turistico ed economico. Poiché il target è molto ampio, si tratta di costruire una proposta ben strutturata. Fare in modo che il “turista delle radici” non si senta un turista “qualsiasi” ma parte della nostra comunità, risvegliando in lui il senso di appartenenza a luoghi e territori. Il turismo delle radici non è tanto quello delle grandi mete classiche, ma delle piccole realtà, borghi e paesini, da cui molti italiani sono partiti nei secoli scorsi. Questa iniziativa è perfettamente coerente con le attività regionali e nazionali di rilancio dei borghi.

Governare i flussi turistici significa dare ai visitatori un prodotto tagliato sulla base delle loro esigenze e possibilità. Significa creare un’offerta dedicata, nella quale gli aspetti enogastronomici e culturali non possono mancare. Per questo  bisogna formare gli imprenditori ad un’accoglienza di qualità, capace di divulgare e trasmettere la storia di territori. Bisogna anche guardare con interesse alle nuove tecnologie che possono aiutare imprese e viaggiatori a migliorare la loro esperienza. Nel turismo il fattore umano è determinante, per questo è necessario puntare sulla formazione. In particolare, il turismo di lusso, che generalmente porta maggiore valore aggiunto al Paese, va sviluppato realizzando un’offerta  di alta qualità, anche attraverso un sistema che sappia promuovere debitamente l’artigianato e il Made in Italy.

Occorre sostenere l’intera filiera dell’intermediazione (agenzie di viaggio e tour operators italiani) affinché riesca a superare il dramma degli ultimi anni di inattività. Per farlo sono necessari molteplici interventi sul versante dei costi e dei ricavi, a partire dalla riduzione delle commissioni spettanti alle società finanziarie, per incassi con carte di credito, sostituendole con costi contenuti e fissi (tipo quelli applicati nel sistema bancario per i bonifici). Si dovrà agevolare la ripartenza incentivando la partecipazione a fiere di settore e ripulendo il mercato dalla concorrenza sleale di agenzie e compagnie di trasporti straniere che operano in regimi fiscali di favore. Dovremo rendere ancora più stringente la lotta all’abusivismo sia mediante strumenti legislativi sia con la creazione di albi di carattere nazionale.

FdI ha l’obiettivo di sviluppare il sistema turistico italiano rigenerando tutte quelle risorse che prima erano degradate o mal utilizzate, incrementando l’artigianato, l’industria creativa, l’innovazione ma soprattutto dando ai territori una guida sicura e efficace da cui poter ricevere risposte.