fbpx

Ripartire da investimenti e infrastrutture

La spesa in investimenti pubblici in Italia è tra le più basse d’ Europa, e spesso le poche risorse a disposizione non vengono utilizzate. Colpa dell’inefficienza amministrativa, ma anche dei troppi “no” che in questi anni hanno condizionato le scelte della nostra Nazione. È ora di cambiare marcia.

Nuovo impulso e rilancio degli investimenti in infrastrutture stradali, ferroviarie, portuali e aeroportuali. Rendere l’Italia competitiva con gli altri Stati europei attraverso l’ammodernamento della rete infrastrutturale e la realizzazione delle grandi opere. Potenziamento della rete dell’alta velocità per collegare tutto il territorio nazionale dal Nord alla Sicilia e dall’Adriatico al Tirreno. Programmare e realizzare opere e interventi in grado di affrontare e risolvere importanti emergenze come quelle ambientali, il dissesto idrogeologico, la siccità. Utilizzare rapidamente le risorse a disposizione per garantire la ricostruzione e la messa in sicurezza delle aree colpite da eventi sismici e calamità naturali, assicurando un sostegno concreto alla ripartenza delle economie locali e tramite benefici fiscali concreti per chi investe e fa impresa in quei territori. Digitalizzazione dello Stivale, garantendo infrastrutture pubbliche, competitive e sicure. Potenziamento e sviluppo delle infrastrutture digitali ed estensione della banda ultralarga in tutta Italia. Tutela delle infrastrutture strategiche nazionali: garantire la proprietà pubblica delle reti sulle quali le aziende potranno offrire servizi in regime di libera concorrenza, a partire da quella delle comunicazioni. Clausola di salvaguardia dell’interesse nazionale, anche sotto l’aspetto economico, per le concessioni di infrastrutture pubbliche, quali autostrade e aeroporti. Tutela delle aziende strategiche attraverso un corretto ricorso al golden power. Mettere in campo un adeguato programma di rivisitazione delle competenze interministeriali e razionalizzazione delle relative funzioni, intervenendo anche con investimenti sulla formazione dei pubblici dipendenti. Bonus edilizi: salvaguardia delle situazioni in essere e riordino e armonizzazione degli incentivi destinati alla riqualificazione, alla messa in sicurezza e all’efficientamento energetico degli immobili pubblici e privati.

FOCUS TURISMO

Il turismo  è tra i settori più importanti al mondo,  ed è un settore generativo anzi rigenerativo, nel senso che mentre i settori economici prelevano risorse per trasformarle in altre, il turismo è l’unico settore, insieme alla cultura, che riesce a dare nuova vita alle risorse esistenti nel territorio, valorizzandole, e offrendo loro nuove possibilità di utilizzo senza peraltro compromettere la loro qualità,. Anche per questo motivo, il turismo è l’attività economica che offre più posti di lavoro, in particolare a donne e giovani, in quanto crea sempre nuove modalità di fruizione  delle risorse in maniera sostenibile. Le comunità locali infatti sono consapevoli che la loro ricchezza deriva proprio dal loro patrimonio, dalla loro cultura e dalle loro risorse naturali.

Anche per queste ragioni il turismo non taglia o riduce le risorse, ma aggiunge valore e rende le persone consapevoli   dell’importanza di continuare a migliorare l’offerta turistica per dare sempre più valore al proprio territorio. Questo significa creare una catena del valore nella comunità per cui tutti si interessano alla valorizzazione delle risorse e si prodigano in prima persona per essa. Tale attività, peraltro, può essere un grande strumento di confronto con i turisti ed è proprio l’incontro tra comunità che accresce la cultura dei popoli, insegna loro che la diversità è ricchezza e l’omologazione è miseria. Il turismo è un’arma incredibile di progresso. La principale motivazione turistica, quella che muove il maggior numero di turisti desiderosi di visitare un dato Paese, è la sua capacità di fare incontrare diversità ed unicità che sono frutto di un percorso storico millenario, edificatosi e stratificatosi nel tempo. L’Italia, non a caso, è il desiderio di viaggio più indicato in qualsiasi sondaggio d’opinione nel mondo. Tutti sognano l’Italia, tutti la pensano una grande, meravigliosa, meta turistica,  ma questo non ha portato il nostro Paese a costruire una vera politica industriale su di esso lasciando che ogni destinazione si organizzasse da se in modo spesso scoordinato  nonostante, esso rappresenti oltre il 13% del Pil.  L’Italia ha un diffuso patrimonio immobiliare storico di pregio, un patrimonio artistico e culturale, un patrimonio naturalistico che nessuna altra Nazione può vantare ma queste ricchezze sono da sempre trascurate, sottoutilizzate, ed in troppi casi addirittura deturpate o distrutte. Non abbiamo mai destinato fondi sufficienti per la loro conservazione e valorizzazione, addirittura, ne abbiamo sottratti per destinarli ad altri settori economici. Investire nel turismo dovrà essere la priorità, perché motore indispensabile per l’economia del nostro Paese e potente corroborante del valore identitario nazionale.

Fino a qualche anno fa il governo del turismo era stato affidato totalmente, come il Titolo V della nostra Costituzione recita, alle regioni che non hanno destinato mai risorse sufficienti ai territori per valorizzare le loro risorse, entrando il turismo in conflitto con altri settori dell’economia. A questo si aggiunge la mancanza di una cultura amministrativa di governance delle attività turistiche e della loro filiera trasversale per le differenti articolazioni dei prodotti turistici e soprattutto delle molteplici figure e competenze necessarie non ascrivibili ad una contrattazione nazionale. Da sempre Fratelli d’Italia ritiene necessaria la revisione del Titolo V: la riforma costituzionale del Titolo V (legge costituzionale n. 3/2001) ha reso il turismo una materia di competenza “esclusiva” per le Regioni ordinarie, alla stregua di quanto previsto per le Regioni speciali che già prima del 2001 erano dotate di tale competenza. Il turismo rientra dunque tra le materie “residuali” (art.117, comma 4), in riferimento alle quali le Regioni non sono più soggette ai limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi statali, anche se occorre avvertire che il processo che ha portato alla piena attuazione della competenza legislativa delle Regioni, ed al conseguente trasferimento delle corrispondenti funzioni amministrative a livello regionale e locale, non è stato né semplice né breve. La “storia” dell’intervento pubblico nel turismo è infatti stata in gran parte scandita dalle scelte del legislatore statale, che ha impresso un forte condizionamento sia ai modelli organizzativi, sia agli obiettivi e caratteri di tale intervento. Ciò è innanzitutto stato l’effetto della scelta, effettuata dalla Costituzione del 1948, di inserire la materia “turismo ed industria alberghiera” nell’elencazione delle competenze legislative regionali, tutte soggette al rispetto dei principi fondamentali posti dal legislatore statale. Fdi crede nell’importante necessità di una revisione del titolo V nell’ottica di restituire allo Stato il ruolo di propulsore del settore. Il Governo e la sua governance del turismo devono essere responsabili in ambito turistico avendo la regia della promozione e valorizzazione delle specificità locali definendo ruoli e responsabilità, anche in termini di governance, non solo tra Stato e Regioni/Province Autonome, ma anche tra Province e Comuni in merito alle attività di comunicazione e promo commercializzazione delle destinazioni locali. 

Fino a qualche anno fa il governo del turismo era stato affidato totalmente, come il Titolo V della nostra Costituzione recita, alle regioni che non hanno destinato mai risorse sufficienti ai territori per valorizzare le loro risorse, entrando il turismo in conflitto con altri settori dell’economia. A questo si aggiunge la mancanza di una cultura amministrativa di governance delle attività turistiche e della loro filiera trasversale per le differenti articolazioni dei prodotti turistici e soprattutto delle molteplici figure e competenze necessarie non ascrivibili ad una contrattazione nazionale. Da sempre Fratelli d’Italia ritiene necessaria la revisione del Titolo V: la riforma costituzionale del Titolo V (legge costituzionale n. 3/2001) ha reso il turismo una materia di competenza “esclusiva” per le Regioni ordinarie, alla stregua di quanto previsto per le Regioni speciali che già prima del 2001 erano dotate di tale competenza. Il turismo rientra dunque tra le materie “residuali” (art.117, comma 4), in riferimento alle quali le Regioni non sono più soggette ai limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi statali, anche se occorre avvertire che il processo che ha portato alla piena attuazione della competenza legislativa delle Regioni, ed al conseguente trasferimento delle corrispondenti funzioni amministrative a livello regionale e locale, non è stato né semplice né breve. La “storia” dell’intervento pubblico nel turismo è infatti stata in gran parte scandita dalle scelte del legislatore statale, che ha impresso un forte condizionamento sia ai modelli organizzativi, sia agli obiettivi e caratteri di tale intervento. Ciò è innanzitutto stato l’effetto della scelta, effettuata dalla Costituzione del 1948, di inserire la materia “turismo ed industria alberghiera” nell’elencazione delle competenze legislative regionali, tutte soggette al rispetto dei principi fondamentali posti dal legislatore statale. Fdi crede nell’importante necessità di una revisione del titolo V nell’ottica di restituire allo Stato il ruolo di propulsore del settore. Il Governo e la sua governance del turismo devono essere responsabili in ambito turistico avendo la regia della promozione e valorizzazione delle specificità locali definendo ruoli e responsabilità, anche in termini di governance, non solo tra Stato e Regioni/Province Autonome, ma anche tra Province e Comuni in merito alle attività di comunicazione e promo commercializzazione delle destinazioni locali. 

Occorre varare al più presto la legge sulle professioni turistiche, attesa dal 2013, per permettere l’accesso alla professione di guida turistica alle nuove generazioni. La legge dovrà regolamentare le diverse figure del turismo, al fine di garantire la qualità delle guide e degli accompagnatori, ma anche di fissarne i diversi requisiti, caratteristiche e ruoli; al tempo stesso è necessario che la legge risponda alle esigenze del turismo contemporaneo, dando alle guide la preparazione e le competenze non solo per illustrare il patrimonio culturale ma anche per offrire esperienze attualmente svolte in larga parte da persone non abilitate. Dovremo permettere  la possibilità di estensione territoriale della professione previa verifica delle conoscenze dei nuovi ambiti di esercizio.

Sono necessarie norme stringenti in merito al riconoscimento dell’abilitazione di guida, rilasciato negli ultimi anni senza controlli, e alla prestazione occasionale e temporanea, che viene largamente utilizzata per aggirare l’abilitazione.

E’ fondamentale il contrasto all’abusivismo, da attuare sia inserendo nella nuova legge norme chiare e un impianto sanzionatorio serio, sia mettendo in campo tra le Forze dell’Ordine squadre specializzate nel settore turistico per svolgere controlli capillari e continui. Norme specifiche al passo con i tempi e attente ai risvolti fiscali sono necessarie anche per combattere l’illegalità diffusa sul web e sulle grandi piattaforme, dove oltretutto i professionisti abilitati sono svantaggiati rispetto ai soggetti che non pagano le tasse in Italia.

Fondamentale è poi investire sui lavoratori del settore, in particolar modo dell’accoglienza, riconoscere le nuove professioni nate nel comparto, favorire e promuovere la formazione e sostenere con incentivi e bonus contratti di lavoro regolari e più lunghi, superando il problema della stagionalità del turismo, per garantire al lavoratore un reddito per tutto l’anno, aumentare la durata della stagione, come in molti mercati nostri concorrenti. La maggiore stabilità dei lavoratori è fondamentale per migliorare la qualità dell’offerta turistica, allungare i periodi di apertura con conseguente aumento del PIL e superare il problema del reperimento di personale. Il problema della mancanza di personale è deflagrato in questi ultimi anni. Nel periodo post covid si sono persi migliaia di lavoratori, che impiegati in altri settori non sono più rientrati nel mercato del lavoro stagionale tipico del turismo, a questo si deve aggiungere che molti, soprattutto tra i più giovani, non rispondono neppure più alle offerte di lavoro delle imprese del settore, che hanno sempre minor appeal (soprattutto alberghi e ristoranti, ma scarseggiano anche i bagnini) preferendo il reddito di cittadinanza ad un lavoro impegnativo, formativo, spesso affascinante ma non stabile. Di certo occorre intervenire sui salari, che in Italia non sono più al passo con il caro vita in tutti i settori, nel turismo il problema è aggravato dalla stagionalità con la conseguente precarietà dei contratti proposti. Alzare i salari è possibile solamente rendendo le aziende maggiormente competitive, eliminando la stagionalità e tagliando le troppe altre spese che debbono sostenere, e diminuendo la tassazione sui salari stessi. Operatori formati e fidelizzati sono la fortuna di un’azienda e su questo è imperativo investire, ma il turismo è evidente a tutti sia legato anche a fattori imponderabili ed è pertanto evidente che vi sia bisogno anche di lavoratori per periodi brevi, le troppe difficoltà di queste ultime stagioni, sia in montagna d’inverno, sia per il periodo estivo, stanno costringendo molte aziende a non fornire tutti i servizi che potrebbero attivare, impoverendo l’offerta turistica nazionale.

Un piano di rilancio nazionale del turismo, in assenza di disponibilità di cassa, dovrà necessariamente essere sostenuto da coraggiose politiche fiscali. Soprattutto dopo questi anni bui. A beneficiarne saranno anche altri comparti economici. Prima di tutto la Flat Tax, a seguire per almeno dieci anni tutte le attività di settore dovranno godere di una tassazione agevolata, sia in tema di Ires, Irpef, che di costo manodopera. Inoltre, una drastica riduzione, se non addirittura l’azzeramento dell’Iva, consentirebbe agli operatori di recuperare competitività sul mercato internazionale, dove assisteremo nei prossimi anni ad una guerra di riposizionamento di Paesi competitors. Deve essere scongiurato in ogni caso che tasse e tributi versati da turisti e visitatori del nostro Paese siano poi distratti anziché reinvestiti da Comuni e Regioni nel miglioramento dei propri servizi di accoglienza: è inoltre necessario rendere l’imposta di soggiorno una tassa di scopo, coinvolgendo direttamente i rappresentanti di categoria del comparto ricettivo nella gestione, riconoscendo come Comuni Turistici, autorizzati ad applicare l’imposta di soggiorno, solamente quelli che si impegnino ad istituire il “tavolo comunale del turismo” nel quale si decide come utilizzare il gettito a fini turistici (servizi, promozione, eventi, infrastrutture), costituito dal comune, assessore al turismo e suoi dirigenti, e dai rappresentanti maggiormente rappresentativi del comparto ricettivo presenti sul territorio, Nel settore turistico vi sono attività a bassissimo margine operativo. In particolare, le reti d’intermediazione delle Agenzie di Viaggi. Esse percepiscono, per la loro attività di consulenza, commissioni che vanno dal 2 al 12%. Costrette oggi ad incassare quasi esclusivamente con carte di pagamento elettronico, si trovano a dover cedere all’intermediario finanziario anche tutto il loro guadagno. Un socio occulto che, senza rischiare nulla, guadagna più dell’operatore economico, il quale deve coprire con la sua commissione le spese di gestione dell’attività. Occorre dunque intervenire per risolvere questa anomalia, tanto nel settore dell’intermediazione turistica quanto in quello di altre attività economiche con margini di profitto bassi. Occorre affrontare il problema delle OTA (booking, AIRBNB) internazionali che non pagano i tributi in Italia ma ricavano solo soldi, non è questione di abusivismo, che pure è dilagante, ma l’abusivismo nasce da leggi non chiare e soprattutto contro i residenti. Il tema delle case per affitti brevi è molto controverso, ma comunque va rintracciata una equità fiscale e tutti devono contribuire nella loro misura alla distribuzione dei costi e dei benefici. Le imprese multinazionali digitali, quindi devono pagare una parte dei contributi fiscale al netto dei ricavi che ottengono nel nostro Paese. E’ inconcepibile che loro non si interessano del valore del mercato immobiliare e dei luoghi ove questi affitti avvengono.

Le risorse del Pnrr destinate al turismo confermano una scarsa considerazione dello stesso. Per uno tra i settori più colpiti dalla pandemia, se non il più colpito, con un peso su PIL e occupazione così rilevante, la quota di 2.4 mld risulta assolutamente inadeguata. Lo conferma l’importante misura del tax credit che ha visto al primo avviso richieste per 3 mld sui 600 a disposizione.

Quando si parla di media posti letto per unità ricettiva si tiene infatti conto di tutta la nostra offerta comprendente sia le strutture ricettive alberghiere che extra alberghiere. Con questo metro di misura la nostra media è pari a 30 posti letto, ma se ci limitiamo alle sole strutture alberghiere la media sale a 66 posti letto, perfettamente in linea con la media europea che è di 60 unità. Le strutture ricettive alberghiere in Italia sono oltre 33.000 con 2.200.000 posti letto. Le strutture extra alberghiere completano la nostra offerta turistica con ulteriori 2.500.000 posti letto ed avendo vincoli legislativi per il numero di camere non è possibile incrementarne la capacità ricettiva generale, abbiamo invece bisogno di incentivi per la loro riqualificazione. Le proposte sono state più volte avanzate al Governo da parte del sistema delle Regioni e dalle organizzazioni economiche del settore. In primis la detrazione fiscale per chi ristruttura o fa efficientamento energetico. La certificazione ambientale non è solo un bollino ma aiuta le imprese ad identificare i costi, risparmiare le risorse, e controllare tutta la catena del processo dai fornitori a consumatore finale. Poi è noto che soprattutto la generazione Z è attenta all’ambiente, quindi agevolare finanziamenti, processi amministrativi e fiscali che favoriscono la riconversione delle strutture in alberghi sostenibili certificati diventa non solo eticamente valido, ma anche una modalità per attirare nuovi clienti giovani. La certificazione è anche un modo per realizzare una vera azione sociale dell’albergo perché significa ridurre le risorse, diminuirne l’impatto e poi agevolare i dipendenti che si sentono più curati dalla proprietà per le scelte ambientali esercitate Le leggi che hanno affrontato il problema negli ultimi anni a livello nazionale o regionale hanno una dotazione finanziaria del tutto inadeguata. L’esperienza delle detrazioni per la ristrutturazione delle abitazioni ha dimostrato di poter incentivare la riqualificazione, ridurre l’evasione fiscale e sostenere il settore dell’edilizia particolarmente colpito dalla crisi; le minori entrate per le casse dello stato sono in state in parte compensate dal maggior gettito fiscale. Il problema non è semplificare le norme edilizie per cambiare la destinazione alle strutture ricettive e farle diventare residenze, ma riqualificare quelle esistenti. Con i cambi di destinazione si perdono imprese e non si riqualifica. In seconda istanza è necessario avere un credito finalizzato alla riqualificazione alberghiera ed all’acquisto della struttura di cui si è affittuari. Si tratta di costituire un vero e proprio nuovo prodotto finanziario per le imprese turistiche che preveda una durata del mutuo compatibile con la redditività delle imprese turistiche (30 anni) garantito dal fondo Centrale di Garanzia. Ultimo importante elemento per la riqualificazione del settore alberghiero è rappresentato dalla necessità di avere un’unica classificazione alberghiera a livello nazionale. Per uniformare i parametri in Italia, per dare certezze a nostri ospiti e per incentivare l’adeguamento delle strutture ricettive.

Se pensiamo agli obiettivi dell’Agenda 2030 il turismo è quel settore economico che più interpreta la sostenibilità ambientale, l’equità e l’inclusione sociale per le grandi ricadute che ha sul territorio sia a livello locale che regionale che nazionale e internazionale. Per questo motivo tutte le infrastrutture turistiche (alberghi e complementari, attrazioni turistiche, trasporti e infrastrutture legate alla mobilità), possono rigenerarsi ovvero offrire qualcosa in più a ciò che già hanno, eliminando gli sprechi e il superfluo, offrendo opportunità di lavoro e di formazione a chi è in una forma di disagio sociale e per la sua forma ecosistemica redistribuisce a tante persone le spese del turista

Vi è poi la questione relativa agli AAUT (appartamenti in affitto ad uso turistico), una nuova forma di ospitalità turistica, che in questi anni sta incrementandosi sempre più grazie al proliferare di piattaforme da Airbnb in giù. Le locazioni brevi vanno salvaguardate promuovendo l’ospitalità domestica ma se non controllati e lasciati privi di regole creano un immenso danno al turismo nazionale. E’ fondamentale modificare il codice civile per regolamentarli in modo chiaro, tutti gli AAUT debbono avere un codice identificativo, anche a loro va applicata l’imposta di soggiorno, e debbono fornire per la statistica gli arrivi e le presenze. Per fare un serio contrasto all’abusivismo vanno coinvolti i comuni, vere sentinelle del territorio. 

Per programmare il futuro e lavorare sui futuri scenari del turismo italiano sia in entrata che in uscita è fondamentale lavorare per un ruolo sempre più centrale dell’Agenzia Nazionale del Turismo (Enit) che sia’ vero motore trainante della nostra promozione turistica e del Made in Italy e non solo braccio operativo delle Regioni.

L’ENIT avrà anche il ruolo di gestore del nascente Hub Digitale del Turismo finanziato dal PNRR per il quale tuttavia occorrerà verificarne in maniera costante risultati ed effettivo utilizzo da parte di operatori e turisti.

Inoltre, il trasporto aereo, che probabilmente è il settore che ha subito dagli anni ’80 ad oggi, a seguito del processo di liberalizzazione, la più radicale trasformazione. Non esiste un paese a “trazione turistica” che non abbia una forte compagnia di bandiera che “esporti il brand nel mondo” e, non solo per i viaggiatori, ma anche nel mercato del trasporto delle merci l’Italia risente ancora oggi dell’assenza di una forte compagnia di bandiera a livello nazionale e questa mancanza è una delle cause della scarsità di voli diretti offerti dai nostri aeroporti e la conseguente elevata quota di trasporto aviocamionato da e verso l’estero. Il primo vettore nazionale è una low cost! la scelta dei partners non deve portare vantaggi solo ai nostri competitors (AirFrance che spiazzerebbe i ns scali portando tutto via Parigi), rispetto  a partners  multihub. Il fattore che ha reso complesso lo sviluppo del sistema è stato anche il dualismo tra Roma e Milano, che ha portato in passato a grandi discussioni su quale aeroporto dovesse svolgere il ruolo di hub di Alitalia, tra queste due città.