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Una giustizia giusta e celere, per cittadini e imprese

“Non può essere veramente onesto ciò che non è anche giusto”, scrisse Cicerone. Onestà e giustizia sono concetti che si fondono e che rappresentano la stella polare che traccia la rotta. Serve una riforma della giustizia che metta fine alle storture a cui abbiamo assistito negli ultimi decenni e che sappia coniugare le necessarie garanzie con l’equità e la velocità dei processi. L’Italia merita una giustizia più giusta, vicina ai cittadini e alle imprese.

Riforma della giustizia e dell’ordinamento giudiziario: separazione delle carriere tra magistratura inquirente e giudicante, con concorsi distinti e impossibilità di passaggio di funzioni. Riforma del Csm con sorteggio dei membri per sconfiggere la lottizzazione correntizia che ha fortemente minato l’indipendenza e l’autorevolezza della magistratura. Stop alle porte girevoli tra magistratura e politica: il magistrato che entra in politica non è più garanzia di imparzialità e terzietà, è dunque necessario un rafforzamento della riforma Cartabia su questo aspetto. Revisione degli incarichi fuori ruolo al fine di ricondurre più magistrati possibili allo svolgimento delle funzioni loro proprie e sostenere il lavoro delle procure nel garantire la giustizia. Riforma del processo civile e penale orientata a offrire effettive garanzie per le parti, parità di condizioni e ragionevole durata. Certezza della pena: no a provvedimenti “svuota carceri”, sì alla stipula di accordi bilaterali per far scontare ai detenuti stranieri le pene negli Stati d’origine. Nuovo piano carceri e aumento dell’organico e delle dotazioni della Polizia penitenziaria. Aumento della pianta organica di tribunali e procure. Digitalizzazione della giustizia e incremento del ricorso alla mediazione. Riforma della geografia giudiziaria nel rispetto dei principi del decentramento territoriale e della giustizia di prossimità. Eliminazione dei Tribunali per i minorenni e istituzione di sezioni specializzate presso ogni tribunale, anche per evitare casi come quello del “sistema Bibbiano”. Riforma della giustizia tributaria: basta magistrati nominati dal Mef e stop all’inversione dell’onere della prova. Stabilizzazione della magistratura onoraria.

FOCUS GIUSTIZIA

L’Italia merita una giustizia più giusta, vicina ai cittadini e alle imprese. Serve una riforma che metta fine alle storture degli ultimi decenni e che sappia coniugare le necessarie garanzie con l’equità e la velocità dei processi.

Tra le proposte di Fratelli d’Italia in questo senso, c’è l’incremento delle risorse destinate alla giustizia per aumentare gli organici dei magistrati e del personale di cancelleria, che oggi sono mediamente pari alla metà di quelli degli altri Stati dell’Ue.

È necessaria, inoltre, una riallocazione delle risorse del Pnrr per dar vita ad un piano straordinario che punti al transito nella magistratura ordinaria, con corsia preferenziale, di almeno una parte dei circa 5mila magistrati onorari il cui lavoro ha finora impedito il collasso del sistema.

Chiediamo che ci sia una separazione delle carriere, con concorsi distinti, con differenti scuole di formazione, e con impossibilità del passaggio di funzioni, in coerenza col codice di procedura penale del 1989, e una riforma del concorso, con prove che, come avviene per le Forze di Polizia, verifichino, unitamente alla preparazione, il pieno equilibrio di chi è chiamato a svolgere una funzione così delicata.

Inoltre, la riforma Cartabia deve essere modificata nella parte che concerne l’avanzamento in carriera e il conseguimento degli uffici direttivi, con preferenza per chi ha capacità organizzative e di efficienza.

Il giudizio disciplinare per i magistrati deve essere esercitato non più dall’apposita sezione del CSM, ma da una Corte di giustizia disciplinare, composta, su designazione del Presidente della Repubblica, nella sua funzione di Presidente del CSM, da ex giudici costituzionali o ex presidenti di Cassazione, che non sia eletta, e quindi non risponda a condizionamenti correntizi. Il CSM deve tornare a 24 componenti elettivi, rispetto ai 30 reintrodotti dalla riforma Cartabia, con i togati eletti con sistema uninominale maggioritario, per limitare il potere delle correnti.

Serve anche una drastica riduzione dei fuori ruolo per i magistrati – sono ben 120 quelli presenti oggi nel solo ministero della Giustizia – e occorre prevedere l’incompatibilità fra l’attività giurisdizionale e lo svolgimento di incarichi nei Ministeri, al fine di scongiurare conflitti di interesse.

Le numerose fattispecie di reato contro la pubblica amministrazione, la cui moltiplicazione ha determinato sovrapposizioni, incertezze applicative a causa della genericità di fattispecie quali il traffico di influenze e l’abuso di ufficio, vanno razionalizzate. Non a caso l’ANCI ne sollecita l’abolizione per evitare la paralisi dell’azione degli amministratori più esposti sul territorio, come i sindaci.

È opportuna una rimodulazione delle figure di reato che consentono eccessiva discrezionalità, precisandone la portata in ossequio al principio di tassatività.

Il segreto sulla iscrizione nel registro degli indagati va effettivamente tutelato. La frequente diffusione a livello mediatico di queste informazioni, infatti, corrisponde ad una condanna preventiva, pur quando il giudizio termina con il proscioglimento.

Le notifiche devono essere snellite e successivamente completamente digitalizzate, per evitare la “fuga dal processo penale” mediante aggiramenti procedurali.

Servono criteri omogenei per l’esercizio dell’azione penale, al fine di superare quel perseguimento dei reati “a geografia variabile”, come avviene oggi sulla base delle direttive date dai singoli Procuratori della Repubblica.

L’applicazione delle misure cautelari limitative della libertà deve essere effettuata da un organo collegiale e non da un organo monocratico, per favorirne una più equilibrata ponderazione.

È necessaria una revisione dell’appello in caso di assoluzione in primo grado, e del ricorso per Cassazione in caso di assoluzione in appello, garantendo che il giudice della prova rilevante sia sempre quello della decisione, e limitando i casi dell’impugnazione del pubblico ministero.

Va poi eliminata l’improcedibilità in appello e in Cassazione, introdotta dalla riforma Cartabia, che a pieno regime produrrebbe una amnistia permanente, anche per reati gravi, nei distretti giudiziari con maggiori sofferenze, con conseguente “turismo criminale” orientato verso questi ultimi, al fine di lucrare l’impunità derivante dall’inefficienza di una Corte di appello rispetto a un’altra.

Parallelamente, va ripristinato il regime della prescrizione antecedente la riforma Bonafede, per restituire il corretto equilibrio nel rapporto fra giudizio penale e decorso del tempo.

Serve un piano straordinario per le carceri che, senza ricorrere allo strumento tanto facile quanto dannoso dell’incremento dei benefici penitenziari, rilanci l’edilizia penitenziaria, aumenti l’organico sia della Polizia Penitenziaria che del personale di supporto, realizzi e faccia funzionare gli accordi con i Paesi di provenienza degli stranieri detenuti, pari al un terzo della popolazione carceraria, al fine di far proseguire negli Stati d’origine l’espiazione della pena.

L’espulsione degli stranieri che in Italia delinquono deve diventare effettiva, incrementando la collaborazione e gli accordi bilaterali con i Paesi di origine.

C’è bisogno di un riordino organico di tutti i benefici, anche penitenziari, per eliminare le duplicazioni, e gli automatismi, e per adeguare le sanzioni alle differenti tipologie di reati. Non ha senso, ad esempio, condannare chi imbratta i muri a qualche mese di reclusione e sospendere la pena, e non far svolgere per un periodo analogo, invece, un servizio di pubblica utilità, come ripulire gli stessi muri imbrattati, ipotizzando la reclusione in caso di non ottemperanza a tale obbligo.

Bisogna completare la digitalizzazione del giudizio civile, rendendo effettivi gli strumenti alternativi al giudizio, a cominciare dalla mediazione.

Va messa in campo una riforma del giudizio tributario, col passaggio dal MEF al CSM e al Ministero della Giustizia della competenza per la nomina dei giudici, a garanzia di terzietà e di indipendenza, e con l’eliminazione della inversione dell’onere prova nella giustizia tributaria.

 

Servono norme tese a contenere l’eccesso di discrezionalità nella giustizia minorile, con procedure di affidamento e di adozione garantite e oggettive, allo scopo di scongiurare il ripetersi di casi come quello di Bibbiano.

occorre poi procedere nel senso della stabilizzazione della magistratura onoraria nelle sue funzioni: è una necessità della Giustizia italiana, ed è anche una questione di giustizia sociale.

Occorre scindere il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria in due dipartimenti distinti, uno dedicato al trattamento dei detenuti e l’altro dedicato al corpo della Polizia Penitenziaria: il capo del DAP, come per Carabinieri e Polizia, deve essere responsabile della Polizia Penitenziaria, e non essere anche responsabile del trattamento dei detenuti.

Infine, è necessaria una riforma della geografia giudiziaria, nel rispetto dei principi del decentramento territoriale e della giustizia di prossimità.